IX. UNA PROCESSIONE VOTIVA CHIAMATA "CUNNUTTA"

Libro a puntate (testi di Nuccio Benanti)
III.2.1. La cunnutta
Da diverse generazioni, la domenica della festa, i contadini sfilano per il percorso della processione, con muli, asini, cavalli, alla guida di carretti e, a partire dagli anni sessanta, anche di trattori e automobili, per portare frumento o denaro al santo patrono.
La cunnutta è una processione votiva, che si potrebbe configurare come rito propiziatore, assumendo una duplice funzione: da un lato ringraziare il santo per il raccolto dall’annata appena conclusa; dall’altro come richiesta di aiuto per la buona riuscita di quella che sta per iniziare.
La divinità della fertilità
Questo rituale può essere associato al culto latino della dea Cerere, dea propiziatrice delle coltivazioni.
Nella mitologia classica, Cerere (nome romano della dea greca Demetra) era la dea della fertilità, la forza della vegetazione (Grimal 2004: 120). Quando sua figlia Persefone viene rapita da Plutone, che la conduce con sé nelle viscere della terra, la dea affranta e impotente interrompe ogni rapporto con la natura, per cui la terra cessa di dar frutti. Solo dopo aver ritrovato la figlia, Cerere tornerà a garantire la fertilità della terra. Persefone trascorrerà con Plutone, di cui è diventata sposa, quattro mesi dell’anno, e gli altri otto con la madre. Nel mito di Cerere si vede simboleggiato il trionfo momentaneo dell’inverno sulle forze produttive della natura. Secondo la mitologia è stata proprio Cerere a introdurre in Sicilia la coltivazione del grano.
Il ricavato della cunnutta attualmente viene usato dalla congregazione in parte per pagare le spese della festa e in parte per dare un contributo al mantenimento della parrocchia: la confraternita si fa carico di pagare la pulizia della chiesa, prelevando le somme da questo raccolto.
Le trasformazioni
La manifestazione, nel corso degli anni, si è trasformata, a causa dello spopolamento delle campagne e di una diversa realtà economica del paese. Ogni anno, gli abitanti usano fare una stima delle presenze, contando i muli che sfilano.
Nel 1890 sfilarono in processione due bande musicali, centocinquanta tra muli e cavalli, e venti uomini con un sacco di grano a spalla (La Spina 1976). Nel 1990, un secolo dopo, sfilarono una banda musicale, sessantacinque cavalcature ed un solo uomo con il sacco a spalla. In compenso c’erano un centinaio tra automobili e trattori. Nel 2000 hanno partecipato alla processione dodici muli, trentadue cavalli, dieci trattori e sessanta automobili. Inoltre, era presente una delegazione di circa cinquanta emigrati italo-americani a piedi, sistemati dietro la banda musicale accanto alla confraternita di san Ciro.
I pochi agricoltori rimasti in paese partecipano alla cunnutta con i trattori carichi di frumento. Altri devoti portano in processione banconote attaccate sull’immagine del santo, che viene tenuta bene in vista con il sostegno di una canna. C’è anche chi compra il frumento al mulino e partecipa alla processione con la tradizionale bisaccia, affittano il cavallo presso un maneggio a Ficuzza o a Godrano. C’è, infine, chi sfila con il cavallo, i paramenti in cuoio e il cappello da cowboy per mettersi in mostra davanti ai compaesani.
Scomparsi gli uomini con il sacco a spalla, si è incrementata la presenza di persone che portano i soldi a piedi.
In passato avevano il privilegio di sfilare per primi i devoti che portavano più offerte. Oggi, ad aprire la processione è la banda con la confraternita, il sindaco e le persone a piedi. Seguono i cavalli, sistemati in fila indiana e, infine, gli automezzi.
La sopravvivenza, seppure in forma più ridotta rispetto al passato, di questa manifestazione, fornisce un’immagine chiara di quanto a Marineo la tradizione sia ancora sentita e continui a tramandarsi.
Le automobili e i cowboy
I confrati non vedono di buon occhio la partecipazione delle automobili alla processione, tanto e vero che consentono a queste di sfilare solo ad una certa distanza dai cavalli. Negli ultimi anni, tra i cavalli e le auto, su espressa volontà della confraternita, si sono sistemati gruppi di bambini con le biciclette.
Riassumendo, alla processione partecipano oramai pochissimi anziani coi muli. Ci sono anche nostrani cowboy a cavallo, alcuni dei quali non portano offerte al santo. Non sono viste di buon occhio le automobili, anche quando i portabagagli sono stracolmi di sacchi di grano. Sono state inserite le biciclette per separare i cavalli dalle automobili e dai trattori dei contadini. Infine, c’è un ritorno delle persone a piedi.
Ma quando, per esigenze turistiche, la confraternita si è spinta fino a spostare l’ora della manifestazione, inserendola in programma nel pomeriggio, molti i cittadini si sono rifiutati, chiedendo di fare la processione la mattina alle dieci, orario ritenuto più comodo, poiché non sempre il popolo accetta passivamente ciò che viene imposto “dall’alto” (Guggino 2004: 380).
Le offerte
Nella cunnutta dell’agosto 2005 sono stati raccolti circa quattromila euro. Altri mille euro sono stati ricavati dalla vendita del frumento, la cui pesatura si aggirava attorno ai 7.000 kg. A ciò dobbiamo aggiungere anche circa duemila dollari donati dagli italo-americani presenti.
Anche nella descrizione di Giuseppe Pitrè, del 1900, troviamo un cenno agli emigrati:
«[...] le offerte si son chiuse con un gonfalone mandato dai marinesi emigrati in America, memori dei benefici ottenuti dal protettore, e della patria, che essi, costretti ad abbandonarla, non dimenticano mai» (1978b:135).
L'origine mitica
Pitrè non parla però dell’origine mitica della cunnutta, a cui invece sembra riferirsi il racconto di un confrate: Salvatore Tuzzolino:
«Tanti anni fa, in periodo di carestia, non potendosi fare la festa per mancanza di fondi, si era deciso di non fare né festa né la processione, perché quell’anno era venuto non bene, anzi malissimo e non riuscivano a comprare neanche i cosiddetti ceri che si portano durante la processione». Ma, come in un miracolo, da un paese lontano «mi sembra che sia un paese del trapanese, è arrivata una filastrocca di muli carichi di frumento mandati da uno che non so, per una promessa fatta a san Ciro. E si è potuto, con questi muli caricati di frumento, fare la festa di san Ciro di quell’anno».