II - SAN CIRO ALESSANDRINO


Libro a puntate (testi di Nuccio Benanti)
I. ORIGINI E DIFFUSIONE DEL CULTO
I.1. San Ciro
La Chiesa conosce almeno sette santi di nome Ciro, vissuti tutti nei primi secoli del cristianesimo, le cui gesta sono avvolte spesso nella leggenda (Bibliotheca Sanctorum 1963). Ad un san Ciro vescovo di Cartagine accenna il Martirologio romano che ne ricorda la festa il 16 luglio. Un altro santo patriarca di Costantinopoli viene menzionato il 7 gennaio dal Sinassario costantinopolitano, raccolta di letture agiografiche sui santi commemorati in ciascun giorno dell'anno. Un Ciro vescovo di Edessa è ricordato dal Martirologio di Rabhan Sliba il 20 settembre. Un santo anacoreta egiziano dallo stesso nome, morto nel 451, è presentato dal Sinassario alessandrino al 2 luglio. Il 18 aprile è festeggiato un omonimo martire ad Harran in Mesopotamia nel 770. Un san Ciro archimandrita di Qartamin è ricordato il 10 novembre (Quaranta 1988). Infine, accomunato a san Giovanni di Edessa, ad Atanasia e alle sue tre figlie, Eudossia, Teodota e Teotiste, c’è il nostro santo indicato nel Martirologio romano come «medico, eremita e martire di Alessandria».
San Ciro alessandrino
Che san Ciro alessandrino sia stato veramente medico lo afferma il suo primo biografo, Sofronio (550-635), patriarca di Gerusalemme, autore degli Atti dei santi martiri alessandrini Ciro e Giovanni, produzione agiografica del VII secolo. In questi documenti, il dottore della chiesa riferisce che Ciro ha esercitato l’arte medica, curando i suoi pazienti all’interno di un ambulatorio. Egli spiega che, dopo avere ottenuto la guarigione da una oftalmia nel monastero dedicato ai Santi Ciro e Giovanni, a Menouthis, presso Canopo (nella foto), dove si era recato in pellegrinaggio, decise di scrivere una serie di opere sui due santi martiri per pura riconoscenza. Oltre agli Atti del martirio, vennero infatti approntati anche una biografia, un encomio e il racconto di settanta miracoli avvenuti in Egitto e in Libia. Sofronio inserì, inoltre, nei suoi scritti tre omelie attribuite a san Cirillo alessandrino (376-444), vescovo vissuto un secolo dopo san Ciro, che si era occupato della prima traslazione delle spoglie mortali dei due santi, da Alessandria al santuario di Menouthis, nei pressi della città di Canopo (Faivre 1919: 31).
Grande fortuna ebbero gli scritti sofroniani, tanto da essere oggetto di rielaborazioni e adattamenti posteriori. Gli Atti originali, tradotti dal greco in latino da Anastasio bibliotecario, sono stati oggetto di studio da parte di Giuseppe Prevete, gesuita napoletano, autore del volume Raccolta di Atti, di scritti, e di memorie storiche intorno ai martiri alessandrini san Ciro medico e san Giovanni soldato, pubblicato per la prima volta nel 1919 e ristampato nel 1961. Lo scopo della ricerca del sacerdote era quello di «assicurare meglio colle prove la autenticità dei corpi di san Ciro e di san Giovanni nella chiesa del Gesù di Napoli» (Prevete 1961: 7).
In Italia, infatti, numerose parrocchie vantano di ospitare urne e teche contenenti reliquie attribuite a san Ciro alessandrino, il più famoso dei sette omonimi. Però non tutte le chiese sono in possesso dei documenti che ne certificano l’autenticità.
A Napoli, nella chiesa del Gesù Nuovo, oggi sono conservati gran parte dei resti del santo in un’urna marmorea posta sotto l’altare nella cappella del Crocifisso. Nonostante in molte altre città italiane (Grottaglie, Portici, Vico Equense, Torre del Greco, Atena Lucana, Sulmena, Cerignola, Castellalmare di Stabia, Sora, Frattamaggiore, Acquaviva delle Fonti, Cerreto, Bologna, Novara, Foggia, Avellino, Palermo) siano presenti tracce del culto, e in alcune di queste località anche reliquie, la devozione è particolarmente radicata solo in pochi luoghi, tra cui Marineo, che vanta il possesso del teschio del santo.